
Il 18 Aprile 1990 PIOve su Monaco, l’Olympiastadion è una bolgia e il Milan difende con le unghie il vantaggio guadagnato a San Siro con il gol di Van Basten per volare a Vienna e giocarsi la finale di Coppa CamPIOni contro il Benfica di Eriksson. Purtroppo il Bayern è passato in vantaggio e i 22 giocatori in campo stanno affrontando l’ultimo tempo supplementare prima della lotteria dei rigori. Minuto 115’ Van Basten con una genialata imbocca Stefano e….volete sapere come finisce questa storia??
Mettetevi comode e continuate a leggere.
Stefano Borgonovo nasce a Giussano il 17 Marzo 1964 e, come molti di noi, me incluso, è nato con il pallone al piede. Aveva soltanto 10 anni quando un osservatore lo fece segnalare al Como e due anni dopo Stefanino entra nel settore giovanile del Como, uno dei migliori d’Italia. Partendo dagli Esordienti fino alla Primavera giocò sempre come centravanti e segnò gol a valanga.
L’esordio in Serie A, che ognuno di noi, almeno una volta, ha sognato, per lui diventa realtà con la maglia del Como contro l’Ascoli il 14 marzo 1982. Dopo varie esperienze anche in Serie B il 1988 è l’anno della svolta e Stefano viene acquistato dal Milan e subito, come avviene anche oggi con i giovani talenti, viene girato in prestito alla Fiorentina. È proprio con le maglie di Milan e Fiorentina che Stefano avrà le vittorie più importanti. Nella Fiorentina esplode in coppia con un certo Roberto Baggio e quell’anno la coppia “B2” realizza 29 dei 44 gol totali messi a segno in camPIOnato dalla Fiorentina. Stefano ne fa 14, 15 per Roberto. Al termine della stagione il Milan richiama l’attaccante nella speranza di trovare in lui il sostituto ideale di Virdis. Borgonovo vuole restare un altro anno a Firenze a cui è molto legato, ma, come spesso succede anche oggi, la sua richiesta non viene esaudita.
A Milano Stefano fatica ad ambientarsi, grande squadra, grandi pressioni, non digerisce gli schemi di Sacchi, che lo costringe a giocare ala quando invece lui si sente prima punta. Trascorsi 2 mesi s’infortuna gravemente al ginocchio e dopo una lunga convalescenza rientra giusto in tempo per vincere una Coppa CamPIOni.
Al termine della stagione, nonostante gli elogi di Sacchi, Borgonovo vuole coronare il suo sogno di vestire di nuovo la maglia viola. Stefano però non si accorge che la realtà intorno a lui sta cambiando: lui non è più lo stesso (l’infortunio al ginocchio si fa sentire) e la Fiorentina è stata venduta a Mario Cecchi Gori. Nel 1992, dopo 2 stagioni non esaltanti, Stefano lascia la Fiorentina e si trasferisce al Pescara in serie B. Come ultima squadra però sceglie l’Udinese dove, nel 1996, chiude la sua carriera.
Adesso voi vi starete chiedendo, cos’ha di speciale questo ragazzo, ora adulto: è stato un calciatore, ha ottenuto le sue vittorie e ricevuto le sue sconfitte, ma per il resto?
Conclusa la sua attività di calciatore ora per Stefano inizia la sfida più grande, la sfida alla vita.
Stefano infatti è malato di SLA (Sclerosi laterale amiotrofica). La SLA è una malattia a decorso inesauribile, tutti i muscoli si bloccano, eccetto la mente che rimane lucida. Purtroppo però nel mondo del calcio ci sono stati 21 casi di calciatori morti dal 1968 ad oggi. Inoltre ci sono 10 malati lungodegenti come Borgonovo. La percentuale di casi fra gli ex-calciatori è di oltre cinque volte superiore all’incidenza nella popolazione generale. Questo perché e quali fattori influenzano il progredire della malattia? Vari studi indicano i ripetuti traumi alle gambe; l’intensa attività agonistica; il venire a contatto con pesticidi usati per mantenere l’erba dei campi da gioco; l’abuso di farmaci.
Stefano dunque non è più in grado di parlare se non per mezzo di un sintetizzatore vocale, una macchina che lo tiene in contatto con il mondo, lettera dopo lettera. Ha un timbro metallico come i GPS delle macchine. Questa partita però Stefano l’ha vinta sul serio affermando che lui “lotta per vivere” ed è stato duro accettare che la malattia entrasse a gamba tesa sulla vita. Stefano Borgonovo ha aperto una fondazione per aiutare chi è nelle sue stesse condizioni, si rifiuta di pensare che la SLA sia la malattia del pallone. Afferma che lui “scenderebe in campo ancora adesso, sul prato o in oratorio, perché ama il calcio”. Il nuovo Stefano non è cambiato, il male l’ha mangiato all’interno senza scalfire la sua purezza, la sua anima. Ogni persona della sua vita a partire dalla moglie, Chantal, che s’innamorò di Stefano a 15 anni e con cui ha avuto ben 4 figli, non l’ha più abbandonato, sia nella buona che nella cattiva sorte.
Chantal è l’architrave del dolore, racconta la malattia con gioia e speranza, l’aria è serena dentro la stanza dove ogni giorno passano milioni di visitatori a salutare Stefano. Lui racconta che durante il mondiale del 2006 si arrabbiò con Pessotto perché “ha scritto un libro per raccontare che voleva morire mentre io sono qui che voglio vivere”. La moglie è convinta che non è del tutto finita e si chiede “ e se lui fosse il primo calciatore a guarire dalla SLA?”. Stefano, racconta l’intervistatore della Gazzetta, capisce ciò di cui stanno parlando, scatta sul filo del fuorigioco, controlla la palla, se la sistema sul destro come quel giorno a Monaco (vi ricordate?) e insacca la palla con un perfetto pallonetto portando il Milan a Vienna, e, battendo due volte le ciglie dice “SI”. Ecco alcune sue parole tratte dal suo libro “Attaccante nato”: “Ho imparato ad apprezzare ciò che mi è rimasto. Gli amici, le sensazioni positive, qualche raro movimento. Prendo il buono della vita e mi sento comunque fortunato, so che addirittura c’è chi ha meno di me.
Quindi rido”.
Stefano dunque vinse una Coppa CamPIOni, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa Europea, ma, riallacciandomi alla rubrica di Tommaso, se voi aveste in mano l’opportunità di tornare indietro nel tempo ed incontrare Stefano, cosa fareste? Gli direste di smettere di giocare a calcio per evitare l’insorgere della malattia oppure no?