

Hanno colpito una scuola, cioè il luogo dove si apprende la democrazia.
Hanno colpito una scuola perché volevano colpire la democrazia.
Non hanno ucciso la scuola, non hanno scalfito la democrazia, ma hanno consegnato al dolore la famiglia di una ragazza innocente. Tanto dolore, poche certezze, troppi dubbi; Perché una scuola? Perché una scuola del Sud? Perché una scuola del sud che si chiamava “Falcone”?
Questi interrogativi non vengono pronunciati con la speranza nella limpidezza che caratterizza un tedesco, ma nell’abitudine al torbido e all’oscuro che caratterizza questa nostra “fragile” repubblica; troppe stragi senza nome, troppe morti rimaste impunite.
Chi ha lanciato l’anarchico Pinelli da una finestra? Chi ha messo la bomba a piazza della Loggia? Chi sono gli stragisti di piazza Fontana? Ed ancora perché la mafia ha piazzato bombe a Firenze e poi, d’un tratto, ha cessato di compiere attentati?
E’ viva Emanuela Orlandi? Perché il bandito della banda della Magliana De Pedis è seppellito in Santa Apollinare?
Troppi misteri danzano e scompaiono davanti ai nostri occhi, ma non è questo l’aspetto più grave. La vera tragedia consiste nell’abitudine all’ingiustizia cui ci stanno preparando; che una strage possa non avere un colpevole, che un omicidio possa non avere un movente, che le trame oscure che si muovono a nostra insaputa possano non essere svelate. Ed è su questo punto che la Società, in primo luogo, e la scuola, prima fra tutti, non devono cedere; il ricordo e gli interrogativi devono permanere fintanto non sarà data una risposta.
La prescrizione non è solo un fatto giuridico, ma mentale, quasi come il tempo possa lavare anche il sangue incrostato da decenni nella storia del mio paese dove, e non è più accettabile, i migliori muoiono e vengono lasciati soli a morire, Falcone, Borsellino, Peppino Impastato, PIO la Torre, Aldo Moro. Dal sangue di questi martiri sembra che non abbiamo appreso niente se non una generica abitudine alla condanna quando si eccede ed una certa quale quotidiana indifferenza alla risoluzioni di problemi che necessitano, invece, di non essere scordati e di essere riaperti. Quindi, in primo luogo la memoria, in secondo l’indagine costante. Io non so se ad uccidere sia stata la mafia, anzi, è probabile, dicono, che non lo sia stato. Dicono si tratti di un pazzo isolato, può darsi un atto di un criminale locale, può darsi un’organizzazione terroristica, ma una cosa è certa; tutti noi, tutti, dobbiamo avere memoria, attitudine alla ricerca, ma soprattutto rigore e fermezza.
Chi piazza una bomba, chi mette in conto di poter fare una strage, merita l’ergastolo e il regime di carcere duro. Se così non avviene, è un’ingiustizia. Poi, si inizia a discutere. Solo in questo modo chi ha commesso un atto tanto vile e disumano potrà riflettere nel buio della propria solitudine sul dolore causato e, forse, un giorno essere perdonato, se non dagli uomini, almeno da Dio. Tuttavia, ed è il dolore più profondo e sommerso, niente potrà restituire ai suoi cari la giovane vita spezzata rimasta solo come un’immaginazione in potenza nei cuori di chi le ha voluto bene e l’ha amata, ma sono certo che quelle famiglie, le tante che soffrono od hanno sofferto a causa dell’esercizio della più grande incapacità umana cioè la violenza troveranno consolazione nelle decine e decine di studenti che scenderanno nelle piazze a testimoniare solidarietà e chiedere giustizia, nelle decine e decine di magistrati che a schiena dritta eserciteranno l’azione penale per rendere giustizia, nelle decine e decine di professori che ogni giorno testimonieranno con il proprio lavoro cosa significhi lavorare onestamente e con le loro parole il valore della legalità. L’unione di tutti noi, se davvero ci uniremo, se davvero reagiremo e non per una occasione, allora significherà la nostra vittoria, la loro sconfitta.
Perché non lo scordiamo, gli onesti sono più dei criminali ed è bene che questo non si dimentichi mai.ù