Contest #NOviolence 2023 – 1° posto, Maria Bonsignore

Filomena è una ragazza come tutte le altre. È nata in una grigia mattinata di metà ottobre, ha frequentato il liceo scientifico, il suo colore preferito è il rosso e le piace la musica country.

Filomena sorride a tutti, sempre, sorride di professione: infatti, è una maestra in una scuola elementare.

Filomena quando torna a casa prima si leva le scarpe e i calzini, poi si butta sul divano e legge i libri di Rosamunde Pilcher: sogna l’amore delle fiabe, l’amore fatto di sguardi timidi, baci rubati, mani intrecciate. Sogna una vita diversa, dove il sorriso che mostra a tutti non è tirato e artefatto. O forse, sogna una vita dove le ferite che ha nel cuore possano guarire facilmente come quelle sulla pelle.

Filomena nasconde sotto la sua spensieratezza artificiale pugni e schiaffi invisibili, perché le armi che suo marito usa sono la voce e la lingua. Quella lingua articola parole affilate che le si conficcano nella gola, nel petto, nella testa. Si impossessano di lei, e sono lei. Filomena non è più se stessa, diventa Inutile, Stupida, Pazza, Fastidiosa. Gli insulti si sostituiscono al suo colore di capelli, ai suoi occhi, al suo cervello, e lei è convinta di meritarseli, perché la mettono in ginocchio e la strattonano con forza.

La sveglia suona alle 7:30. Suo marito è già uscito per andare a lavoro.

Filomena va in bagno, come tutte le mattine, e si guarda allo specchio: le sembra quasi di poter stappare l’ampolla che è la sua testa, piena di parole, e di prenderle, stracciarle, buttarle nel cestino e non vederle mai più. Ma non può. La sua testa rimane chiusa, e le parole rimangono lì dentro, le ferite sanguinano ancora, e non si rimarginano mai.

Filomena prende lo spazzolino, si lava i denti, fa una doccia e va a lavoro senza fare colazione. Prima di entrare in classe indossa il suo solito sorriso, e saluta i suoi alunni.

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L’idea di Filomena mi è venuta quasi per caso: avevo iniziato il mio lavoro pensando di rappresentare la violenza fisica pura e semplice, ma poi la sua storia si è concretizzata piano piano, così ho pensato: perché non rappresentare la violenza psicologica?

È un argomento estremamente delicato, eppure un fenomeno così diffuso che è sbagliato non parlarne. La violenza psicologica si può manifestare ovunque e con chiunque, ed è importante sensibilizzare le generazioni più giovani in modo che possano riconoscerla all’istante, e non abbiano paura di chiedere aiuto.

La testa di Filomena è piena di dolore, dolore invisibile che non si vede all’occhio.

E se questo dolore fosse invece visibile? E se potessimo davvero aprire la sua testa e condividere la sua sofferenza?